Penso capiti a ciascuno di noi, durante la giornata, di svolgere le più diverse attività, che siano quotidiane o settimanali, con delle cuffie nelle orecchie, ascoltando buona musica secondo i propri gusti. È un modo per dare uno sprint, una carica nuova, un’energia positiva… o semplicemente per concedersi un momento di relax domestico.
Confesso: tra le tante canzoni che ascolto, una in particolare mi ha colpita profondamente. Si tratta di Jesce Sole di Nino D’Angelo, cantautore, attore, regista e sceneggiatore italiano. tratta dall’album Terranera. Le sensazioni che mi trasmette sono meravigliose: è una canzone melodiosa, dal ritmo avvolgente, che sa di nostalgia e, allo stesso tempo, di speranza.
Questa canzone è descrittiva, quasi visiva, perché fa sognare con le parole cantate. Sembra un’invocazione, una preghiera pagana, di quelle che si ripetono anche nella vita quotidiana come intercalare di speranza e buona sorte. Racconta il pensiero di chi non conta, di chi vive ai piedi del Vesuvio, in quella terra nera abitata da persone stanche di solitudine, che si pongono domande senza trovare risposte. E poi quel dolore che esplode, che grida alle porte di una città che non ascolta.
La vita, qui, è fatta di povertà e marginalità. Ma proprio per questo, questa canzone-preghiera risuona come un canto antico, eterno, che accompagna da sempre l’uomo e le sue speranze, in una terra lambita dal Mar Tirreno.
Riporto alcuni versi che mi hanno colpito in modo particolare: raccontano di chi vive emarginato, senza regole, condannato senza colpa. Il ritornello, in particolare, ha la forza di un canto propiziatorio: porta fortuna, ma anche riflessione per chi vive, o conosce, la “terra nera”.
Jesce sole, jesce sole
Sott’a muntagn
Siente stu penziero
Una canzone che è molto più di una melodia: è un grido collettivo, un desiderio di cambiamento, un abbraccio sonoro per chi vive nella speranza.