“Occorre che tutto cambi affinché tutto rimanga com’è”; “No, la nostra razza non è cambiata: è sempre la stessa”.
La prima di queste due citazioni letterarie è famosa; proviene da “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La seconda è forse più oscura: origina da “I Viceré” di Federico De Roberto. Si somigliano molto, anche di più considerato il contesto: siamo in pieno risorgimento, la lotta di Garibaldi e i suoi Mille è coronata dal successo. Il regno delle due Sicilie cessa di esistere, l’Italia è ora unita; la vecchia nobiltà borbonica, oscurantista e repressiva, vede finalmente decadere i suoi privilegi… ma sarà stato veramente così?
Sia “Il Gattopardo” che “I Viceré” rispondono a questa domanda. A noi ora però interessano altre questioni, brillantemente trattate in entrambi i romanzi: come reagire davanti ai grandi avvenimenti della vita? L’influenza dei famigliari durante la crescita è sempre positiva? Qual è il giusto equilibrio tra apertura mentale e convinzioni radicate?
Partiamo dal romanzo più vecchio. I protagonisti de “I Viceré” sono rampolli di una nobilissima famiglia siciliana, uniti dall’avarizia e dalla protervia classista ma divisi per carattere, chi furioso e chi malinconico. Ogni generazione viene descritta come peggiore della precedente, guastata dalla mancanza d’affetto e di vera educazione; Consalvo, l’ultimo dei viceré post unità d’Italia, è il coronamento di questi cattivi esempi: egocentrico e amorale, esclusivamente dedito all’accumulo di potere e prestigio politico a discapito del resto.
Ne “Il Gattopardo” ritroviamo la nobiltà siciliana alle prese con la caduta del regno borbonico ma con un ruolo più dimesso. Il principe di Salina accetta con rassegnazione il declino graduale, ma inevitabile, del vecchio ordine, e si accontenta di imparentare suo nipote Tancredi con una famiglia borghese per garantirgli un futuro dignitoso in un’Italia, almeno sulla carta, “nuova”.
La profonda analisi psicologica dei rispettivi protagonisti accomuna queste opere ancor più dell’ambientazione contigua ed è il loro vero punto di forza, al di là della ricca ricostruzione storica. È consigliato leggerli in successione, assaporando il contrasto tra la visione pessimistica di De Roberto e quella sardonica di Tomasi di Lampedusa; ricordando come i viceré vadano compatiti, e il gattopardo ammansito.