Per Bizzarro.org lunedì 6 novembre 2023 abbiamo intervistato il dottor Antonio Quarta, proprietario di Quarta Caffè nonché benefattore di Progetto Itaca Lecce, che ci ha raccontato della prima torrefazione di Lecce. Questa del caffè è una tradizione tutta leccese, una storia di passione e lavoro che parte dal nonno di Antonio Quarta e si estende per ben quattro generazioni.
Quando è nata l’azienda e come mai ha scelto di investire nel caffè?
L’azienda è nata nel dopoguerra, come altre del complesso manifatturiero, quello cioè che trasforma le materie prime in prodotti finiti. Noi italiani siamo infatti molto bravi e rinomati in questo settore, soprattutto per ciò che riguarda l’agroalimentare: chef, preparatori, pizzaioli…Tutte le grandi aziende di oggi sono nate da piccoli laboratori a conduzione famigliare, come la pasta Barilla o i prodotti Ferrero che prendono il nome dalle omonime famiglie, e anche Quarta Caffè nasce dal nome della famiglia Quarta. Mio nonno aprì, dopo la seconda guerra mondiale, un’attività di vendita del ghiaccio, perché all’epoca non esistevano i frigoriferi. Nella sua fabbrica grandi ghiacciaie rivestite di zinco mantenevano solido il ghiaccio per due o tre giorni circa e da lì poi si trasportava in calesse per la città. Con i proventi investì nella vendita di bevande gasate, e da lì poi aprì un bar. Questo bar divenne in breve un punto di riferimento per gli aviatori della base aerea di Galatina, tanto che venne battezzato “Avio Bar” in onore del colore delle loro divise. Inizialmente il caffè consumato nel bar veniva semplicemente acquistato già torrefatto, ma mio nonno prima e mio padre poi intrapresero un processo per cui dapprima lo macinavano e tostavano da sé, per poi confezionarlo e venderlo non solo ai bar ma anche alle famiglie leccesi. Fino agli anni ‘80 la torrefazione rimase nel quartiere San Lazzaro, precisamente circoscritta in un fabbricato tra via Casotti, via Foscarini e via Cota; in seguito è stata spostata in uno stabilimento nella zona industriale. Ma il caffè Quarta è nato qui a San Lazzaro, qui si è iniziato a prepararlo, a tostarlo, a confezionarlo e a commercializzarlo. L’aroma del caffè si spandeva per tutto il quartiere.
Qual è la storia di questo edificio, presente nel quartiere San Lazzaro?
La storia parte proprio da questo isolato tra via Casotti, via Foscarini e via Cota: qui abitava mio nonno e qui sviluppò le sue attività, principalmente quella del ghiaccio. Il caffè in ghiaccio alla leccese, in effetti, nacque proprio allora: mio nonno commercializzava gazzose e succhi di frutta di tutte le marche più importanti, come San Pellegrino, Peroni… e vendendo il tè freddo nei bottiglioni si rese conto che inacidiva subito, faceva la posa e non era più buono: a quel punto lo sostituì con il caffè espresso in ghiaccio. Ad oggi nel quartiere c’è ancora la fabbrica di ghiaccio con le macchine originali, tutto fermo come in un film di Tornatore.
Il nostro blog vuole analizzare il quartiere e le sue storie. Qual è il suo rapporto con il quartiere?
Noi della famiglia Quarta manteniamo un rapporto sentimentale e affettivo con San Lazzaro, io poi sono un residente e quindi lo frequento e lo vivo; però come attività ormai è rimasta solo una memoria storica, un affetto: perché, ripeto, negli anni ‘80 le attività sono state tutte trasferite altrove, soprattutto nella zona industriale, dove abbiamo la torrefazione.
In base a quale criterio scegliete le vostre miscele come gusto e provenienza?
La pianta del caffè non cresce in Italia perché è una pianta subtropicale nativa del sud dell’equatore. Dunque come mai noi italiani siamo famosi per il nostro caffè? Perché siamo maestri torrefattori e miscelatori, e queste due fasi della lavorazione caratterizzano il caffè italiano. In particolare, la “miscela” è la ricetta che caratterizza proprio una determinata marca di caffè, ed è importante mantenerla costante nel tempo una volta perfezionata. Noi continuiamo a prepararla come alle origini, con le caratteristiche di sapore e di aroma che hanno fatto la nostra fortuna. Noi non compriamo il caffè che costa meno; compriamo sempre quello delle origini anche se il prezzo è molto alto, sforzandoci di mantenere il gusto e la sostanza che i nostri consumatori si aspettano e a cui sono affezionati.
Tra gli scopi dell’azienda, oltre a quelli di aspetto economico, ci sono anche quelli di interesse sociale?
Io come imprenditore ho sempre inteso l’azienda come un sistema aperto, non chiuso nel suo perimetro solo per produrre e fatturare. Le realtà locali devono sì garantire prima di tutto la qualità dei loro prodotti, ma anche interagire nel sociale con iniziative di recupero e di restituzione al territorio. La nostra vocazione, per esempio, è di impegnarci al massimo nella transizione ecologica. Abbiamo creato una tra le prime aziende in Italia ecosostenibile e autosufficiente: produciamo elettricità grazie a pannelli fotovoltaici e a una torre eolica, ricicliamo rifiuti e, grazie a un protocollo ventennale d’intesa con la forestale, i germogli piantati in passato tutto intorno all’azienda adesso sono diventati alberi; infatti, entrando nella nostra azienda sembra quasi di entrare in un parco. Di solito nelle zone industriali si accumulano mucchi di rifiuti, ma noi abbiamo puntato al decoro anche all’esterno e non solo all’interno dello stabilimento, fa tutto parte del nostro progetto di qualità.
Cosa significa per lei Salute Mentale?
Credo che al giorno d’oggi abbiamo tutti bisogno di un po’ d’aiuto. La società, e quindi il nostro stile di vita, è diventata eccessivamente frenetica e tutto questo stress, nonché l’inquinamento, secondo me danneggiano il nostro equilibrio. È chiaro, comunque, che non siamo tutti uguali e c’è chi ha più bisogno di sostegno: ma io sono sicuro che una maggiore consapevolezza sulla salute mentale giovi a tutti.
Oggi come nei decenni passati il Caffè Quarta è molto diffuso per il suo aroma e il suo gusto inconfondibile, che rimane in bocca e regala piacere a lungo. Per molte persone il caffè è essenziale, sprigiona energia ed eccita la mente e il cuore. Berlo è un momento di condivisione, di amicizia e magari d’amore, stando seduti al bar a chiacchierare. Fa parte della nostra vita e della nostra storia, e ci accompagnerà ancora a lungo. Ringraziamo il dottor Quarta per aver accolto il nostro invito e per aver condiviso con noi tutte queste preziose informazioni sul quartiere e sulla storia della sua famiglia.