Il quartiere San Lazzaro ospita da diversi decenni il salone da barbiere Milli, un punto di riferimento per la comunità locale grazie alla sua lunga tradizione e alla professionalità che lo contraddistingue. Per conoscere meglio la storia e l’evoluzione di questa attività storica, abbiamo deciso di intervistare Francesco Milli, che da anni porta avanti con passione l’eredità di famiglia.
Come è nato il tuo salone e da quanto tempo sei qui?
Sono qui dal 1991, e il salone è nato nel 1983. Non sono altro che l’erede di chi ha fondato il salone, ovvero mio padre. Dal 1983 al 1997 c’era lui, poi da allora ci sono io, dopo che lui è venuto a mancare.
Hai un ottimo rapporto con questo quartiere?
Be’ sì, sono arrivato qui nel ’91, mio padre nel ’63, quindi tutta la mia infanzia l’ho trascorsa in questo quartiere. Per me è stato naturale crescere qui, anche perché facevo il ragazzo di bottega: venivo a spazzare per terra, ho iniziato facendo gavetta.
Che tipo di taglio scelgono i tuoi clienti?
Nel corso degli anni i gusti sono cambiati, come tutto. Nel nostro lavoro i cambiamenti sono rapidi, soprattutto adesso. Ora vanno di moda i tagli estremi: corti, rasati da un lato, più corti sono, meglio è. Uso molto il rasoio per eliminare completamente il capello.
Perché hai deciso di lavorare su appuntamento?
In realtà non è stata una scelta, ma una necessità imposta dal periodo del COVID. Prima c’era molta fila e siamo stati costretti a cambiare. Prima le persone venivano senza appuntamento e si scaglionavano, a volte dovevano anche vestirsi fuori con calzari sanitari, è stato un brutto periodo. Ma poi ci siamo trovati bene con il sistema su appuntamento: è comodo per il cliente, non deve aspettare e può sedersi subito. Mi piace più essere definito “gestore” che “titolare” o “capo”, perché in realtà è una squadra che decide. Abbiamo chiesto ai nostri clienti se si trovavano bene con questo sistema, e su 100 persone, 100 ci hanno risposto di sì. Mio padre è stato un ottimo maestro in questo.
Conosci qualcuno che si impegna come te nel quartiere?
Assolutamente sì. Penso al bar accanto, il cui proprietario è albanese, e si è ben integrato, lo vedo spesso scherzare con le persone del quartiere. Poi c’è la signora Pina, che ha avuto un negozio di vestiario qui per trent’anni. Ha chiuso quando è andata in pensione, ma è stata una figura molto conosciuta nel quartiere.
Che rapporto avete con il quartiere San Lazzaro? Cosa vi ha portato qui?
Conosco il quartiere grazie a mio padre, ho un rapporto bellissimo con la zona. Sono 40 anni che abito qui vicino, e sono entrato e uscito dalle case di tutti. Mi hanno sempre trattato come un figlio. Tra l’altro, nella vostra sede ho passato dei bellissimi giorni, lavorando per un signore che viveva qui, e ricordo la signora anziana che si affacciava sempre alla finestra.
Abbiamo saputo che hai una grande passione per il calcio! che rapporto hai con i calciatori?
È sempre riconducibile alla zona: il parroco di San Lazzaro Don Damiano era il padre spirituale dell’unione sportiva Lecce. Diversi giocatori stranieri, come Vucinic e Bozinov, avevano il problema di un barbiere dove andare. Io prima andavo a fare i capelli nei convitti tipo il Pastor Bonus a Castromediano. Devo dire però che preferisco lavorare con la gente comune piuttosto che con i calciatori, perché sono pretenziosi e pesanti.
Cos’è per te la salute mentale?
Questa è una domanda che riguarda anche il mio mestiere. Sono un po’ come uno psicologo, ascolto tanti problemi altrui e cerco di farli miei. Fin dall’inizio mi sono chiesto come affrontarli, soprattutto quando i clienti vengono nel mio negozio. Durante quella mezz’ora o tre quarti d’ora devono dimenticarsi chi sono. Bisogna ridere e scherzare, mettere a proprio agio il cliente, in modo che si senta libero di aprirsi. È importante aiutarsi vicendevolmente.
L’incontro con Francesco Milli si è rivelato un’occasione preziosa non solo per ripercorrere la storia di un’attività radicata nel territorio, ma anche per riscoprire piccoli legami nascosti tra passato e presente del nostro quartiere. Un intreccio di memorie, persone e luoghi che continua a dare vita all’identità di San Lazzaro.